2. Breve excursus storico sul costrutto della competenza

Margherita Gentile

Nel 1994 Jacques Delors ([1]), nel testo Crescita, competitività, occupazione, analizza il problema della disoccupazione nei paesi della Comunità Europea, sostenendo che una delle sue cause risiedeva nel basso livello di istruzione e formazione, che stigmatizzava anche l’incapacità di molti cittadini lavoratori di accedere alle tecnologie e ad una partecipazione attiva al mondo del lavoro. Proprio quest’ultimo richiede in realtà oggi più flessibilità e modalità particolari di riconversione professionale, processi possibili tramite un investimento sul capitale umano capace di andare oltre l’educazione e la formazione ricevuta a scuola, aprendosi piuttosto ad una formazione lungo l’intero arco della vita. La competenza è considerata apprendimento fondamentale per la società contemporanea e ne vengono indicate quattro per l’educazione delle giovani generazioni:

  • imparare a conoscere, per essere capaci di usare gli strumenti della comprensione;
  • imparare a fare, per essere capaci di agire in modo creativo in un contesto;
  • imparare a vivere, per essere capaci di essere protagonisti e di collaborare con gli altri;
  • imparare ad essere, per essere capaci di comportamenti consequenziali alle prime tre forme.

 

Nel 1995, il Libro Bianco Cresson- Flynn ([2]) chiarisce il concetto di competenza : “E’ competenza non tanto ciò che si è imparato a scuola , ma ciò che si sa fare sul piano professionale….” Siamo ancora lontani dall’esigenza di affidare ai processi educativi scolastici la formazione delle competenze, ma quando sarà formalizzata, il processo educativo si trasformerà in un processo permanente o ricorrente.

 

Nel 1998, sempre in campo lavorativo, ma soprattutto in riferimento alla formazione professionale, l’ISFOL individua nelle competenze di base e trasversali la possibilità di una piena fruizione dei moderni diritti di cittadinanza e la capacità di affrontare situazioni di cambiamento: sono saperi minimi comuni a una pluralità di compiti e quindi trasferibili e sempre potenziabili, saperi come contenuti, ma anche saperi operativi e comportamentali : sono costituiti da competenze organizzative, linguistiche, informatiche, economiche, giuridico-istituzionali, di ricerca attiva. Le competenze sono riconoscibili anche in ambienti informali e non formali : per la mobilità dei lavoratori europei, successivamente al trattato di Schengen, è infine importante la elaborazione e condivisione di un più valido ed efficace sistema di certificazione e di equivalenza delle certificazioni possedute.[3]

A partire da queste posizioni, in tutti i paesi europei ci si mette al lavoro per individuare le “competenze chiave” e gli strumenti migliori per acquisirle, valutarle e certificarle: in questo primo periodo la competenza ha una finalità essenzialmente pratica e una applicazione professionale. E’ assente qualsiasi attenzione alla elaborazione personale delle conoscenze possedute: si lavora ad una tessera personale che consenta al lavoratore di avere libera circolazione in Europa.

Kandinskij, Succession, 1935
Kandinskij, Succession, 1935

 

Passando attraverso gli studi e le pubblicazioni dell’OCSE-PISA sulle literacy nei loro rapporti con le competenze, alla vigilia della effettiva trasformazione della Comunità in UNIONE EUROPEA , il Consiglio di Lisbona del marzo 2000 promuove una vasta azione di riflessione e di progettazione nel campo socio-formativo, affermando che occorre adeguare i sistemi scolastici alle esigenze della società dei saperi e alla necessità di migliorare il livello e la qualità dell’occupazione nelle diverse fasi della vita, individuando nel “promuovere nuove competenze di base”( tecnologie, lingue straniere, imprenditorialità, competenze sociali, oltre ovviamente alle varie literacy nella lettura, scrittura e calcolo), da fornire lungo l’arco della vita, una delle questioni fondamentali per la coesione sociale nell’Unione europea. Da questi orientamenti scaturiranno notevoli decisioni per la scuola e per il passaggio da una scuola delle conoscenze ad una scuola delle competenze.

 

Si comincia a discutere della nozione ancora confusa e incerta di competenze di base, omogenee e condivise tra tutti i paesi : da una competenza di base continuamente in divenire , ma che fornisce all’individuo le competenze per la vita e per il lavoro e che quindi comprende competenze professionali e tecniche, sociali e personali , si passa gradualmente alla nozione di competenza chiave , superando in un sol colpo le incomprensioni tra paesi dovute all’uso di termini diversi per lo stesso significato: skill, literacy, competency, competence. Nel rapporto intermedio del 2003 la Commissione Europea dichiara di preferire i termini competence e key competence rispetto a basic skills, che appaiono riferite piuttosto a literacy e numeracy, mentre competence sembra richiamare un concetto più integrato e capace di riferirsi “ad una combinazione di abilità, conoscenze, attitudini e atteggiamenti , racchiudendo in sé sia la disposizione ad imparare che le abilità tecniche”([4] ).

 

Si concluderà il lavoro con la seguente dichiarazione: “ Le competenze chiave rappresentano un blocco trasferibile e multifunzionale di conoscenze, abilità e atteggiamenti, di cui tutti gli individui hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, per l’inclusione sociale e l’occupazione. Esse dovrebbero essere state sviluppate al termine della scuola dell’obbligo e dovrebbero agire come premessa per l’ulteriore apprendimento, nel quadro di una educazione permanente” ([5] ).

Spetta al Parlamento europeo del 18 dicembre 2006 enunciare, come atto finale di un lungo periodo di elaborazione, le competenze chiave per l’apprendimento permanente :

 

·         comunicazione nella madrelingua

·         comunicazione nelle lingue straniere

·         competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia

·         competenza digitale

·         imparare a imparare

·         competenze interpersonali, interculturali e sociali e competenza civica

·         imprenditorialità

·         consapevolezza ed espressione culturali

 

invitando nel contempo tutti i paesi membri dell’Unione a sviluppare l'offerta di competenze per tutti , “per assicurare che l’istruzione e la formazione iniziale offrano a tutti i giovani gli strumenti per sviluppare le competenze chiave a un livello tale che li prepari alla vita adulta e costituisca la base per ulteriori occasioni di apprendimento, come anche per la vita lavorativa” ([6])

Il governo italiano recepirà ([7]) tale invito il 22 agosto 2007 (G.U. n. 202 del 31 agosto 2007), con la pubblicazione del Regolamento sul nuovo obbligo di istruzione emanato dall’allora Ministro Fioroni.

 

Alla vigilia della pubblicazione del documento sull’obbligo di istruzione, allegato al Regolamento, il presidente della Commissione che vi aveva lavorato, Giorgio ALLULLI, licenziando l’ipotesi condivisa dal gruppo di lavoro, così si esprimeva: “La Raccomandazione europea definisce la competenza chiave come una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e l'occupazione .La Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo individua 8 competenze chiave, le prime 4 individuabili come assi culturali strategici, le seconde come competenze trasversali…… In particolare la (nostra) Commissione ha individuato:

 

  • quattro assi culturali strategici: l’asse dei linguaggi; l’asse matematico; l’asse scientifico-tecnologico; l’asse storico-sociale (identificabili con le prime quattro competenze europee -ndr)
  • otto competenze trasversali: imparare ad imparare, progettare, comunicare, collaborare e partecipare, risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni, acquisire ed interpretare l’informazione, agire in modo autonomo e responsabile

 

L’approfondimento degli assi culturali fornisce la base contenutistica e metodologica per lo sviluppo delle competenze trasversali. Sul loro intreccio si costruiscono le competenze chiave per l’apprendimento permanente, richiamate dalla Raccomandazione europea e che devono essere perseguite (anche ) attraverso l’elevamento dell’obbligo di istruzione.

 

Le competenze trasversali riguardano la costruzione, da parte dell’alunno, dell’identità personale e della responsabilità sociale. Esse sono riferibili a tre ambiti, tra loro connessi, dei quali il primo riguarda la costruzione del sé, il secondo la costruzione di corrette e significative relazioni con gli altri, il terzo le modalità di una corretta e produttiva interazione con la realtà naturale e sociale.

L’intreccio tra gli assi culturali strategici e le competenze trasversali permette la costruzione ed il conseguimento delle competenze chiave per la cittadinanza, che, attesa la natura orientativa e propedeutica dell’istruzione obbligatoria, si ritiene di dover proporre come obiettivo da raggiungere al suo termine”. ([8]) 

 



 


La proposta Fioroni, come afferma M. Tiriticco, si diversifica di poco rispetto alla Raccomandazione europea: “ Ci si è limitati ad operare delle curvature perché meglio corrispondessero alla realtà del nostro sistema di istruzione. Quindi si sono riscritte e riordinate le competenze europee tenendo conto di quella tridimensionalità di persona, cittadino e lavoratore di cui spesso si parla”. ([9])

 

Attualmente, la pubblicazione della versione definitiva delle Indicazioni per il 1° ciclo di istruzione ha evidenziato che la Commissione istituita con il compito di di armonizzare tra loro le ipotesi precedenti (Moratti 2003 e Fioroni 2007) ha ribadito, quale orizzonte significativo della operatività didattica docente,  le competenze chiave europee (Raccomandazione 2006)  piuttosto che  le competenze proposte nel  testo Fioroni.

Ancora di più  tale linea di differenziazione  si è resa evidente con l’adozione dello strumento della  certificazione sia alla fine del 1° ciclo che del biennio obbligatorio.

Le competenze di riferimento per la certificazione risultano pertanto così diversificate:

  • per il 1° ciclo valgono quelle europee per l’educazione permanente (2006);

  • per il biennio (o obbligo di istruzione) valgono  quelle del documento Fioroni  (2007), poco sopra presentate, ma si certificano “le competenze base relative agli assi culturali acquisite dallo studente con riferimento alle competenze chiave di cittadinanza di cui all’all.2 del Regolamento”.

     

Questa diversificazione  nell’uso di riferimenti generali, quali le competenze chiave/di cittadinanza, per la progettazione mirata di UdA e di  curricoli verticali, che si vorrebbero anche continui, lascia un po’ perplessi: non possiamo che  auspicarne una sapiente e tempestiva ricomposizione.


Note

[1] Jacques Delors , Crescita, competitività, occupazione, Libro bianco Commissione europea 1993 

[2] E. Cresson , “Insegnare e apprendere. Verso la società della conoscenza”, Libro bianco Commissione Europea 1995

[3] All’italiano “competenza” corrisponde il francese compétences, l’inglese skills, il tedesco Kompetenzen

[4] European Comission, Progress Report, November 2003

[5] Ibidem

[6] - Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 18/12/2006, Gazzetta Ufficiale UE del 30/12/2006.

[7] -Già nella Riforma Moratti 53/ 2003 era sta adottata una impostazione pedagogica che mirava a evidenziare il processo di traduzione degli obiettivi generali o delle capacità personali in competenze.

[8] G. ALLULLI, Indicazioni sulle modalità di innalzamento dell’obbligo di istruzione, 3 marzo 2007, Documento conclusivo.  In http://ospitiweb.indire.it/adi/Obbligo/obb_0000_presenta.htm

[9] M.TIRITICCO, Rivista dell’istruzione, 1/2009, pp.43-49


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